«Le storie di Maxim Biller sono tesori della letteratura mondiale.» Der Spiegel

Cosa resta del passato se la memoria è un’in­correggibile bugiarda?
La risposta si può inseguire tra le pieghe di queste storie pirotecniche, saporite come pietanze yiddish. Battibecchi e bevute in caffè mitteleuropei, una madre impazzita per aver letto troppa poesia russa, un padre vendicato rifiutando un manoscritto, telefonate da un passato rimosso, coppie felici e difficili ben oltre l’orlo di una crisi di nervi, un omino smilzo chiamato Bruno Schulz che da un villaggio polacco invia una lettera folle, grottesca e struggente a Thomas Mann. Le trame di questo capofila della narrativa contemporanea sono mosse da imprevedibili ritmi jazz e innaffiate da litri di vodka incandescente.
Un libro che raccoglie vent’anni di scrittura sempre in bilico tra humour sfrenato e tragica malinconia, realismo magico e minimalismo lirico, dove le vite fragili e fertili dei protagonisti divengono cifra del nostro tempo, «perché Dio ha un progetto per noi, ma lo elabora sempre all’ultimissimo secondo».

È stato detto di Maxim Biller (Praga, 1960) che è uno scrittore nato dalla collisione di diverse identità. Figlio di ebrei russi trasferitisi in Cecoslovacchia, all’indomani della Primavera di Praga è emigrato bambino assieme ai genitori nella Germania dell’Ovest. Polemista molto discusso per la sua penna sferzante e acuminata, collaboratore di giornali come «Die Zeit» e «Rolling Stone», i suoi testi sono apparsi anche sul «New Yorker». Nel 1990, dopo anni di critica militante, ha spiazzato tutti esordendo con una raccolta di racconti “perfetti” che hanno fatto evocare i nomi di Philip Roth, Heinrich Böll, John Updike e Woody Allen. Da lì è iniziata una carriera che lo ha posto al centro della scena letteraria tedesca ed europea, imponendolo di libro in libro come uno dei narratori più appassionanti, imprevedibili e divertenti dei nostri tempi. Tradotto in numerose lingue, Taci, memoria è il suo primo libro pubblicato in italiano.

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