«Un libro che racconta la guerra così com’è. Semplice, impietoso, essenziale. Da solo vale più di ogni atto d’accusa.»
Die literarische Welt

Esiste una lingua per parlare della guerra? Uno stile per descriverla senza mai, neanche involontariamente, glorificarla? A una simile domanda etica il reduce Ludwig Renn rispose nel 1928 scrivendo questo romanzo autobiografico in cui riuscì a narrare con coinvolgente realismo tutta la cruda e impoetica verità del conflitto bellico, visto ad al­tezza di soldato semplice.
Partito per la Grande guerra imbevuto di nazionalismo e, come tanti giovani entusiasti, convinto che la vittoria arriderà ai tedeschi in un lampo, l’appuntato Renn rimane presto traumatizzato dalla brutalità delle battaglie e dall’abbrutimento nelle trincee e, dieci anni dopo, racconta il proprio vissuto in un resoconto di sconvolgente concretezza. Capolavoro di oggettività, diretto e velocissimo, Guerra fu salutato come il grande libro pacifista del suo tempo insieme a Niente di nuovo sul fronte occidentale di Remarque e divenne subito un best seller internazionale.
L’orma, dopo oltre settant’anni di oblio editoriale, lo ripropone nella mirabile versione dello scrittore e reduce Paolo Monelli, che trasformò la pratica della traduzione in opera di testimonianza.

Ludwig Renn (pseudonimo di Arnold Friedrich Vieth von Golßenau, 1889-1979) è stato uno scrittore comunista sempre in prima linea nelle battaglie culturali e ideologiche del suo tempo. Appartenente all’aristocrazia sassone, visse sulla propria pelle lo shock della vita di trincea durante la Prima guerra mondiale. Nella Repubblica di Weimar, nominato capo della polizia di sicurezza a Dresda, si rifiutò di far sparare sugli operai in rivolta ponendo così fine alla propria carriera. Nel 1928 con la pubblicazione di Guerra raggiunse una fama internazionale. Arrestato dai nazisti per il suo impegno politico, dopo trenta mesi di carcere si arruolò nelle brigate internazionali della Guerra civile spagnola, durante la quale strinse un sodalizio amicale con Hemingway, che si ispirò al suo romanzo per le scene belliche di Addio alle armi. Passò gli anni del secondo conflitto mondiale in esilio in Messico per poi rientrare in Germania Est dove venne celebrato e onorato, divenendo anche presidente onorario dell’Accademia delle arti di Berlino.

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