Giorgio Manganelli

Una profonda invidia per la musica

Invenzioni a due voci con Paolo Terni

  Array
  novembre 2018
  160 pagine     € 19,00  € 18,05
  isbn 9788899793630
  a cura di Andrea Cortellessa
  contributi di Paolo Terni

Nell’ambito di un ciclo dal titolo La musica e i dischi di..., dal 14 al 18 luglio 1980, Paolo Terni si trovò a ospitare negli studi di Radio 3 uno scrittore che mai aveva fatto sospettare una particolare inclinazione per la musica: Giorgio Manganelli. E invece, come un appuntamento a lungo atteso, rappresentò un’esplosione pirotecnica l’incontro fra il Manga (che alla sua morte lascerà una collezione discografica non meno ricca della sua leggendaria biblioteca) e una serie di brani incontournables del Canone Occidentale – da Haydn a Mahler, passando per Schubert e Verdi: senza trascurare le operet- te di Gilbert and Sullivan o la musica tradizionale del Giappone. La reazione chimica fra ascolto e commento a caldo produce un monumento all’arte della conversazione – brillante come poteva essere, forse, in un salotto del Settecento. Ma anche l’affondo più rivelatorio nella poetica di un autore pervicacemente astratto, quale voleva essere Manganelli, che a sorpresa fa i conti con «l’onta del significato» e la sua «ferita»: che il miracolo della forma traduce in «un contrassegno nobiliare». Sette anni dopo, all’ascolto e alla sua interpretazione Manganelli dedicherà uno dei suoi capolavori: Rumori o voci.
In appendice al presente volume, sono raccolti cinque articoli di Manganelli a tema musicale, pubblicati fra il 1976 e il 1989; mentre Paolo Terni, in un saggio-excursus autoanalitico scritto per l’occasione, riflette da par suo sull’esperienza dell’ascolto. Nell’intreccio di voci di questi due «ascoltatori maniacali» si compone così una specie di trattato, involontario quanto misteriosamente esaustivo, su come entra la musica nella nostra vita – e come si scopre che è impossibile farla uscire.
A.C.

Giorgio Manganelli (1922-1990), scrittore, traduttore, giornalista, anglista, è stato uno dei più importanti autori e prosatori italiani del secondo dopoguerra. A partire dal tardivo esordio di Hilarotragoedia nel 1964, ha pubblicato centinaia di articoli e ventidue altri libri; dopo la sua morte, nel 1990, a sua firma sono usciti libri in numero ancora maggiore. La mole non solo materiale dei suoi scritti si può dire abbia mutato l’immaginario del secondo Novecento. Vissuto ai suoi tempi per lo più come un outsider, un trickster se non proprio un «teppista», oggi è considerato un classico della nostra letteratura.

Ascolta le musiche di cui trattano le conversazioni:

E mi accadeva di pensare, mentre l'ascoltavo che ogni ragazzo nasce in un castello di fantasmi, e che occorre che un qualche simbolo, un qualche segno, un qualche emblema, un qualche amuleto catturi e disponga quei fantasmi in un ordine in qualche modo vivibile o adoperabile. E per me questa operazione è stata proprio compiuta, direi, sotto il segno wagneriano. G. Manganelli


È di un fascino straordinario per me, sempre, assistere a questa geometria dinamica del mondo di Haydn. Queste specie di idee platoniche che sono in movimento e che, in quanto idee platoniche, partecipano dell'ilarità dell'universo. G. Manganelli


Questo senso contemporaneamente della morte, del trionfo della morte e dell'assenza della morte. Il tema è sempre quello, perché indubbiamente il tema della morte è anche il tema della misura dell'esistenza con cui l'adolescente viene a confronto, viene a contatto... e faticosamente si misura. G. Manganelli


Nel momento in cui mi rimisuro con questo testo io sento... mi sento di fronte ad una... a quella che mentalmente m'è venuto da chiamare una minaccia pedagogica. [...] Cioè io mi trovo di fronte ad un'immagine che mi sfida in qualche cosa, su un terreno in cui già io, in qualche modo, sto cercando di provarmi, cioè sul terreno della forma, sul terreno delle strutture. E questa che abbiamo ascoltato è una musica di un quartetto, ma con cui viene disegnato un labirinto così straziante e allo stesso tempo così assolutamente direi immobile, così esangue, senza... senza ferite, che è forse uno dei risultati più straordinari che si possono conseguire. G. Manganelli


Chi ascolta con una certa attenzione e per un certo periodo di tempo il quartetto del Settecento fino ad arrivare a Beethoven, fino ad arrivare poi ai romantici, si accorge che esiste una storia specifica del genere quartetto o del genere trio, che non è assolutamente confondibile con la storia di altri generi che gli stessi musicisti possono avere praticato. [...] Per me è stata una cosa molto importante questa verifica. Cioè la musica ha conservato e custodito gelosamente una continuità retorica che dalla letterature è venuta molto prima ad essere messa in discussione, in dubbio.
G. Manganelli


Ecco, noi abbiamo sentito adesso, in questo che è uno dei pezzi più belli di Mozart, abbiamo scoperto qualche cosa di nuovo: i demoni si sono impadroniti delle forme, delle idee celestiali, delle idee platoniche di Haydn. Esse sono diventate infelici finché non ritroveranno un'altra forma, o un'altra dinamica, in cui collocarsi. G. Manganelli


Assistiamo ad un dramma stilistico, ad una... lotta, ad uno scontro stilistico, dove Haydn rivela a Mozart un gioco; Mozart entra in questo gioco con tutto il suo furore di adolescente mai consumato e lo restituisce a Haydn che reimpara, alla fine, riprova questa nuova tensione che rompe la pace delle idee. [...] Siamo nel 1797 quando Haydn scrive questa musica che ha, potremmo dire, un gioco patetico, che mette in scena un gioco patetico nuovo nella storia di Haydn. G. Manganelli


A questo punto siamo vicini ad uno spaccato, ad uno iato incolmabile: Haydn anziano farà in tempo ad ascoltare il giovane Beethoven che gli proporrà alcune sue composizioni; non lo capisce. Non ci stupiremo perché il gioco con l'angoscia, il gioco con gl'inferi mozartiano e haydniano è in questo momento sfidato da un gioco con qualche cosa di ancora più disperato e ancora più intenso, di ancora più incommensurabile: ci troviamo di fronte [...] ad una delle più grandi musiche contemporanee, del mondo moderno, delle musiche che ci appartengono senza discontinuità più, senza più salti fino ad oggi, che è il quartetto Rasumowsky di Beethoven. G. Manganelli


La musica ha rapporto non solo coi suoni ma ha ovviamente rapporto con le pause che non sono la stessa cosa delle pause in un discorso letterario. Ha rapporto coi silenzi e direi un rapporto coi silenzi in cui i silenzi funzionano esattamente come le note musicali. Non sono un'altra cosa. Non sono una interruzione o uno iato, né uno spazio: sono una nota particolare il cui grado è caratterizzato dal manifestarsi come assenza. [...] Il pezzo che noi abbiamo ascoltato presenta proprio alcuni degli elementi tipici di Schubert: la straordinaria raffinatezza; la straordinaria esattezza del gesto con cui cattura poche e modula pochissime note, e la capacità di toccare un materiale popolare, un materiale... direi un'iconografia tradizionale, semplice, trasformandola in un'icona, trasformandola in qualche cosa di una immobilità, di un'intensità strepitosa. G. Manganelli


Questa continua cattura e perdita dà una capacità fascinatoria alla musica di Schubert che a me sembra straordinaria. E ancora più straordinaria è l'applicazione di questa finezza di modulazione su questi testi così immediati, così anonimi. Ecco. È il procedere dall'anonimato del collettivo all'anonimato del sopra-individuale...
G. Manganelli


Forse direi che è la forma più alta in cui Schubert riesce ad adoperare tutti i livelli possibili del musicale, dalla facilità del vocale alla estrema difficoltà dei silenzi e delle pause che l'accompagnano; e non è un caso che lui adoperi indifferentemente poesie di Goethe come poesie di autori del tutto ignoti da cui vengono a lui quelle macerie con cui costruisce questa sua immobile città vocale. G. Manganelli


L'importante è che l'angoscia coesista col gioco; coesista continuamente con la... non so se la liberazione o la schiavitù della forma, ma certamente con qualche cosa che affronta, sfida e contemporaneamente coniuga l'angoscia... Credo che non ci sia altro gioco. Credo che la musica, come la letteratura, come qualunque cosa di ciò che è misterioso... di quella cosa misteriosa che noi chiamiamo arte, sia costretta a giocare come in una favola – mi pare danese – ove una ballerina è costretta a danzare fino a che muore. G. Manganelli


Quanto di più raffinatamente 'volgare' potrete mai immaginare di ascoltare... P. Terni


C'è un elemento che apparentemente la musica ha in comune con la letteratura, ed è la citazione. [...] Ma mentre il rimando letterario è, in larga misura, un rimando in cui l'elemento culturale – cioè l'elemento del testo da cui proviene – sembra fondamentale, sembra essenziale, nel rimando musicale questo è spostato verso la musica, cioè la dilatazione deve funzionare musicalmente in primo luogo: dev'essere musicalmente parte della struttura in cui arriva [...] E il richiamo alla musica d'origine mi pare che alluda ad una forma di distruzione della musica d'origine. Per l'appunto alla fabbricazione artificiale di macerie. [...] L'ascoltatore avrà notato che la citazione di Rossini si sovrappone a un polverio di altri frammenti di citazioni, di variazioni eseguite su altre citazioni. E questo è il modo di lavorare di Stravinskij in un certo periodo della sua attività. G. Manganelli


E veramente, di fronte alla variazione, io mi sento meschino ed invidioso, mi sento assassino potenziale di musicisti, perché è una... credo che sia... è in qualche modo il sacramento musicale: più in là di così la musica non poteva andare nella sua concezione di se stessa come fecondità e sterilità in uno spazio in cui niente nasce ma tutto si moltiplica. G. Manganelli


Mi piace il fatto che sia una esercitazione. Che non sia ispirazionale, ecco. Mi piace molto. G. Manganelli


E Verdi è un musicista con cui io passo continuamente da un estremo entusiasmo a un disorientamento, Lo amo profondamente, lo disamo altrettanto profondamente, e forse è una figura coniugale. È per l'appunto una figura di qualcosa da cui non ci possiamo separare e con cui, in fondo non è neanche possibile totalmente vivere. G. Manganelli


Devo dire che in casi come questo la musica si presenta esattamente come quello che è: cioè è soltanto se stessa. E non c'è niente da cercare che non sia puro suono... e rapporto di suono. G. Manganelli


E mi piace trovare, riconoscere i procedimenti di un atteggiamento in cui i gesti hanno perso totalmente il significato gestuale. Non rappresentano più un movimento del corpo ma rappresentano degli istantanei emblemi che si disegnano e si collocano su di uno spazio che non ha niente di terrestre, di abitabile. G. Manganelli


volumi correlati
Gabriele Frasca
Lame
Rame + Lime seguite da Quarantena e Versi rispersi
Franco Beltrametti
Il viaggio continua
Opere scelte 1970-1995
Gianni Celati
Animazioni e incantamenti
“Il chiodo in testa”, “La bottega dei mimi” e altri testi sul teatro e sulle immagini
Franco Cordelli
Proprietà perduta