Alberto Boatto al Maxxi

Al Museo Maxxi di Roma, la presentazione con Alberto Boatto, Massimo Carboni e Stefano Chiodi di Ghenos Eros Thanatos e altri scritti sull’arte, 1968–1985.

informazioni

Martedì 22 giugno alle ore 18.00 (Sala Graziella Lonardi Buontempo), introdotti da Hou Hanru Direttore Artistico del MAXXI, l’autore Alberto Boatto, Stefano Chiodi curatore della pubblicazione, Massimo Carboni storico dell’arte e saggista, moderati da Bartolomeo Pietromarchi Direttore MAXXI Arte, presentano Ghenos Eros Thanatos e altri scritti sull’arte, 1968–1985. Ingresso libero fino ad esaurimento posti.

Ghenos Eros Thanatos è il titolo dell’importante mostra curata da Boatto, una delle figure maggiori della critica d’arte italiana degli ultimi cinquanta anni, alla galleria de’ Foscherari di Bologna nel 1974, in cui le opere di tredici artisti (da Alighiero Boetti a Gino De Dominicis, da Giosetta Fioroni a Jannis Kounellis, Eliseo Mattiacci, Vettori Pisani e altri) compivano «un periplo attorno alle situazioni limite della vita»: la nascita, la sessualità, la morte. Il testo che compariva nel «libro-mappa» che accompagnava la mostra è oggi ripubblicato nel volume curato da Stefano Chiodi nella collana «Fuori Formato», insieme a una selezione di articoli, saggi e presentazioni critiche apparsi in riviste e cataloghi oggi di difficile reperibilità.

Nel loro insieme questi testi compongono un arco continuo – da un’originale ed eretica interpretazione del Sessantotto e delle sue conseguenze sulle pratiche artistiche alle riflessioni sul destino dell’artista nell’epoca dello spettacolo, alle considerazioni, ormai in pieno clima postmoderno, sulla relazione tra scrittura e immagine – da cui emerge ancora intatta la tensione interna della scrittura di Boatto, cartografo del presente, in cui ritrova le tracce di altri tempi e più lunghe durate, e «psiconauta» alle prese con la perigliosa navigazione nelle regioni della memoria e dell’inconscio.

Alberto Boatto (1929) è una delle personalità più originali della critica d’arte in Italia dell’ultimo mezzo secolo. Sin dai primi anni Sessanta, e fino a oggi, ha alternato importanti studi su momenti salienti dell’avanguardia di primo Novecento (dada, Marcel Duchamp), sui caratteri estetici e culturali del moderno, dalle sue origini ottocentesche in avanti, e saggi militanti sulle tendenze più recenti delle arti visive (new dada, pop art, arte povera, arte concettuale) sempre colte al loro primissimo apparire. Ha fondato e diretto le riviste «Cartabianca» e «Senza margine» (1968-69) e «La città di Riga» (1976-77).

Il volume
Alberto Boatto
Ghenos Eros Thanatos
e altri scritti sull'arte (1968-1985)

Il 15 novembre 1974, alla bolognese Galleria de’ Foscherari, s’inaugura la mostra "Ghenos Eros Thanatos". Il curatore, Alberto Boatto, è uno dei più originali critici d’arte italiani: vero “maestro in ombra” se ce n’è uno. Tredici artisti (da Alighiero Boetti a Gino De Dominicis, da Giosetta Fioroni a Jannis Kounellis) sono raccolti, fra la nascita e la morte, dalla «forza che tenta di far legamento fra i due estremi»: l’erotismo. Psicoanalisi, antropologia, cultura del “negativo” sono gli strumenti di questo «richiamo al represso, a quanto è vietato perché non allineato col presente e ne rappresenta il male». Ogni nascita, reversibilmente, è un «cerimoniale di messa a morte interrotta»: è il caso, all’inizio del percorso (dopo la «soglia» di un Burri «sadico e medievale»), di Pino Pascali che come uno zombie emerge da terra (in un video realizzato da Luca Patella poco prima della sua scioccante scomparsa). L’indifferenza dandistica di Duchamp raggela la crudeltà viscerale di Artaud in quello che da ora in poi, inconfondibile, sarà il tono di Boatto. Cioè uno dei più segreti e verticali, dei maggiori saggisti del nostro tempo (in appendice sono raccolti quattordici suoi testi rari: da un’interpretazione eretica del Sessantotto a un postmodernismo disforico, virato al nero, con l’acuta consapevolezza “postuma” di uno scacco insieme storico ed esistenziale). In occasione della mostra esce un libro che è, e non è, il suo catalogo: un «libro-mappa», «un periplo attorno alle situazioni limite della vita», «culmini cavi» della nostra esistenza. È il libro nero dell’arte italiana: messale sulfureo dei suoi riti più segreti e perturbanti. Come scrive Stefano Chiodi, «né saggio critico, né scritto teorico, né testo letterario, o meglio tutte queste cose assieme», Ghenos Eros Thanatos nega e insieme porta all’estremo, forse, la vicarietà e insieme il vampirismo dello scrivere sull’arte (nonché della critica in generale).