«Nelle lettere dell’autore di “1984”, un autoritratto fra intransigenza, ironia e divertimento, contro mitologie politiche e conformismi». Mario Baudino
«L’egregio lavoro di Giorgia Bongiorno e Maia Giacobbe Borelli, curatrici dell’edizione, non si limita ad una splendida e poetica traduzione, ma brilla anche nelle due premesse». Germano Pallini
«Una visione come quella di Kully altro non va a rappresentare che il concetto di cosmopolitismo come solo una bambina potrebbe descriverlo: in modo concreto e pieno di stupore e speranza». Silvia Girotto
«Perdersi ha un duplice significato: quella di Annie è una lenta perdita dell’uomo che ama, la cui presenza si fa sempre più distante nella sua esistenza, ma è soprattutto la lenta perdita di sé stessa». Margherita Fidenzoni
«Perdersi non è il confessionale di un'anima persa, ma il confessionale di un'anima - nonostante tutto - incapace di perdersi fino in fondo». Veronica Raimo
«Nei brevi testi di questo libro Artaud è altamente poetico e non dimentica mai il teatro.Troviamo il fuoco della sua follia e tutte le sillabe nere della sua lingua incendiaria». Nicola Vacca
«Il disperato gesto di cristallizzare, attraverso la scrittura, almeno la memoria di un sentimento per propria natura travolgente, irriducibile a logica, impossibile da confinare». Claudio Bagnasco
«Chi non ha mai letto le lettere di Carroll, si è perso irrimediabilmente la sua ironia e tutto il gioco che metteva nei suoi scritti».
«Per Artaud il governo sull’immagine, inconscia o meno, spettava allo Spirito, alla Conoscenza, finalizzati a superare la letteratura con l’immersione in una vita sempre in fase di rinascita». Gianni Poli
«Leggere il romanzo di Irmgard Keun è un piacere, una coccola da godersi pagina dopo pagina». Melissa Minò
«Questo libro si dimostra una lezione di scrittura per la letteratura contemporanea». Riccardo Canaletti
«La passione per S. è irrazionale, ma mi sembra che questa irrazionalità abbia il coraggio di una qualche verità». Federica Gregoratto
«L’ospite triste è un romanzo con la grande capacità di affascinarti, grazie a un microcosmo estremamente intimo e personale». Renzo Brollo
«In un tempo in cui le abitudini del consumo culturale si fanno sempre più orizzontali, Serio omaggia le insidie e le meraviglie della mediazione letteraria». Francesca Rubini
«Una metafora della vita di suo fratello, che diventa principio per una riflessione più ampia». Chiara Bianchi
«Il diario letterario e autentico di un'ossessione bruciante che occupa spazio, tempo e pensiero». Cristina Taglietti
«Il diario letterario e autentico di un'ossessione bruciante che occupa spazio, tempo e pensiero». Cristina Taglietti
«La raccolta di scritti va gustata come una nuova interpretazione del reale, dove tutto è concesso a chi vuole sporgersi oltre i limiti del sé». Maria Anna Patti
«Grazie al suo coraggio e alla sua schiettezza, allo stile asciutto ma denso di ardore che qui scivola un rigo dopo l’altro fino a un epilogo inesorabile, ci rimette in pace con il nostro passato». Eva Luna Mascolino
«Con una scrittura analitica e insieme appassionata, coinvolgente nella sua abilità di spostarsi tra epoche e storie, Bärfuss interroga sé stesso e chi legge sulla traiettoria della nostra esistenza». Nicole Spallina
«Senza pietà neanche per sé stessa, la scrittrice scarnifica la sua passione, rendendola universale». Giulia Ziino
«Vi ritroverete in Annie, nella sua nudità, nel suo grido, nel suo vuoto, uno spazio immenso per costruire l’incanto del piacere silenzioso e carnale». Tiziana Pasetti
«Per Annie Ernaux vivere significa scrivere ed è giusto che quel diario (che dall’inizio alla fine è un grido di passione e di dolore)diventi un libro». Nicola Vacca
«In questi interventi pubblici Ransmayr sembra volerci mostrare di essere approdato finalmente alla lingua dei grandi, per farla propria, piegarla ai suoi fini: se non infantili, perlomeno originari». Tommaso Giartosio
«Vivere e scriverne è il passaggio obbligato di un'autrice intenta ad elevare il proprio Io a una dimensione che risulta poi sociale e collettiva». Annalisa De Simone
«Manifesto incerto è una sorta di viaggio nel Novecento, che di stazione in stazione crea connessioni e ci riporta – stimolando la nostra capacità di accoglienza e di sguardo – nel flusso del tempo e degli eventi». Gianni Montieri
«Un romanzo autobiografico, originalmente fuori dagli schemi, denso di riflessioni intime e dell'introspezione rigorosa». Giovanni Graziano Manca
«Ogni volta che ci si riavvicina alla prosa poetica di questo autore visionario, si è comunque catturati da una sorta di incantamento, da una malia della lingua che ci spinge ad andare avanti». Attilio Scarpellini
«Ernaux non nasconde niente di questo desiderio che porta con sé molta crudezza e oscurità, qualcosa che assomiglia a un annullamento». Annalena Benini
«Il dolore si trasforma, per combustione, in una forsennata e ininterrotta scrittura/segno, che condurrà a una pace paradossale. L’arte e la morte, pur essendo opera giovanile, modellata in racconti allucinati, ne è la prima testimonianza». Marco Ercolani