«La maggior parte dei testi precedenti a “Les Années” sembra abbiano preparato a questa “autobiografia impersonale” di Ernaux, che crea qui un grandioso affresco della Francia dal 1941 al 2006.» Chiara Pasetti
Lo scrittore tedesco Peter Schneider aveva appena otto anni quando sua madre morì. Solo ora che ha superato i settanta ha imparato a conoscerla davvero, attraverso le lettere che lei scrisse durante gli anni della guerra e poi nel dopoguerra.
Geniale, volitiva, anticonformista come il padre, il filosofo William Godwin e la madre, Mary Wollstonecraft, una vita controcorrente, "un epopea della giovinezza che sarà modello, paradigma e monito per innumerevoli generazioni future".
Con otto euro, più il prezzo di un francobollo, potete spedire il Colosseo agli amici lontani. Ecco le istruzioni: entrate in una libreria, cercate un piccolo volume intitolato «Colosseo. Due o tre cose che so di lui», edito da L’Orma a cura di Massimiliano Borelli.
Mary Shelley era consapevole di possedere ambizioni esistenziali e talenti letterari in una società maschilista che aveva confinato la scrittura delle donne “perlopiù nel ristretto campo d’azione dello sfogo epistolare”.
«Annie Ernaux scrive con precisione chirurgica riuscendo a raffreddare una materia incandescente dal punto di vista emotivo. Staccando lo sguardo da sé stessa, esprime liricamente una consapevolezza di coralità.» Eraldo Affinati
Ecco la storia straordinaria che Peter Schneider, scrittore di riferimento del Mitteleuropa postbellico ci narra in "Gli amori di mia madre", grande successo editoriale in Germania e ora in uscita in Italia per i tipi di L'orma editore.
«Un classico moderno che ora arriva anche ai lettori italiani nella splendida traduzione di Lorenzo Flabbi.»
il ritratto di una donna anticonvenzionale dalla forza poetica capace di contagiare la scrittura intima e commossa del figlio.
Una donna che spesso dimenticava di non essere solamente una madre. Un'aspirante scrittrice che in segreto componeva poesie e racconti e che ha sempre voluto che almeno uno dei suoi quattro figli diventasse uno scrittore.
«Annie Ernaux gioca sul filo della memoria individuale e collettiva, senza cedere alla nostalgia.» Fabio Gambaro
«Ciò che resta è un’immagine della condizione umana: l’esistenza impropria che stiamo vivendo è a tutti gli effetti la nostra vita; la accogliamo come se fosse solo nostra anche se sappiamo che non è così; cerchiamo di trovarvi una felicità e un senso momentanei; vorremmo salvarla dal tempo perché è tutto ciò che abbiamo.» Guido Mazzoni
Composto da prose alternate a fotogrammi cinematografici questo inseguimento è un gioco ostinato e politico che riposiziona la parola al centro del pensiero quale generatrice di immagini. In questo movimento l’autrice si siede a fianco al lettore e costruisce il proprio sistema a carte scoperte, l’ascolto è reciproco e lo sguardo una sintonia da costruire pagina dopo pagina.
«In Italia c’è un nutrito “club Ernaux”, convertitosi al culto della professoressa francese grazie al romanzo autobiografico “Il posto”. Lì raccontava della propria infanzia e, in particolare, della figura del padre. Qui, invece, Ernaux si tuffa nella storia francese dal Dopoguerra a oggi. Immersivo.»
Un bambino perde la madre a otto anni, diventa uno scrittore e un intellettuale importante in Germania e per decenni porta con sè, nei traslochi e nei cambiamenti, una scatola da scarpe, piena delle lettere di sua madre. Scritte quando era giovane negli anni della Seconda guerra mondiale, quando scappava con i quattro figli e cuciva per loro vestiti e coltivava rapanelli aspettando il ritorno del marito, direttore d’orchestra: lettere scritte in caratteri Sutterlin, ormai desueti, a matita o inchiostro.
«In questa “autobiografia impersonale”, come la definisce la stessa Ernaux, la narrazione non è affidato all’Io, ma rispondendo proprio alla molteplicità da cui parte il suo progetto di storia collettiva, è affidata alla prima persona plurale, al “noi”. È attraverso allora un sentire comune in cui si può rispecchiare un’intera generazione che Annie Ernaux, in questa fusione tra voce individuale e collettiva, rievoca le tappe che hanno scandito la storia del Novecento.» Matteo Moca
«Per Annie Ernaux non vi è alcuna morale da snocciolare: la scrittura si limita ad andare di pari passo con l’esistenza, la traduce in parole, la accompagna e la riporta. Ma non solo. Va oltre l’esistenza stessa, cristallizza il bagaglio dell’umanità in un tempo infinito, ed è questo ciò che importa.»
«Un racconto capitale e un’opera imprescindibile per indagare il percorso che porta al mondo di oggi.»
«Lo amerete dalla prima all’ultima riga, piangerete, vi spaventerete, ricorderete. E ve ne infischierete altamente di quante edizioni sono state tirate e in quanti giorni. Garantito.»
«Un grande atto d’amore: verso coloro che sono stati, sottratti alla rarefazione della memoria che tutto disperde, e verso coloro che sono, condannati dalla società dei consumi a un passato sempre più fluido e “a basso tasso di ricordi reali” che tuttavia, preservato dalla volontà della scrittrice che vuole salvare, si dispiega trionfando sul movimento del tempo.» Valeria Lo Forte
Dalla A alla Z, il libro (che è in realtà anche un pacchetto pronto da spedire) svela - quasi - tutti i segreti di uno dei simboli della città, e raccoglie i testi di molti di quegli autori, da Cellini a Stendhal, che nei secoli hanno scritto qualcosa sull'anfiteatro.
«Non più rendere familiare ciò che è strano ma rendere di nuovo strano ciò che è familiare. Ripristinare il senso di meraviglia: Wallace non conosceva ancora i social network e gli smartphone ma auspicava che ci fosse una generazione di scrittori nel nuovo millennio capace di esaudire comunque questo compito ambizioso. Ecco, quella generazione è arrivata.»
Chica Bighé intervista il Camaleonte dopo l'incontro al Salone Internazionale del Libro (Torino, domenica 17 maggio 2015).
Chica Bighé intervista il Camaleonte dopo l'incontro al Salone Internazionale del Libro (Torino, domenica 17 maggio 2015).
«Una volta registrato e catalogato il materiale di una vita, si è quasi certi di essere riusciti a “salvare qualcosa del tempo in cui non saremo più”.»
«“Scavando all’interno fino all’osso”: con questo obiettivo, tassello dopo tassello, Annie Ernaux ha realizzato un’opera magnifica portata a compimento con “Gli Anni”.» Paola Dècina Lombardi
«Ernaux distilla i ricordi, per sottarli all’oblio e al tempo stesso alla facile poesia della memoria, al narcisismo, alla nostalgia.» Cristina Taglietti
«Immergere la singolarità della propria esistenza nel flusso plurale delle altre, dando così forma a una “autobiografia impersonale”, non è una bizzarria ma discende da una consapevolezza precisa e radicale: ciò che siamo è fabbricato anche dal milieu socioculturale in cui viviamo.» Giorgio Vasta
«Un flusso di coscienza nel tempo, scandito da abitudini private e eventi epocali, una carrellata su volti e persone, fotografie in bianco e nero che raccontano la nostra memoria e il mondo in continua mutazione.»
«Da sempre, per Ernaux la vita e la scrittura si toccano e s’intrecciano, ma se la scrittrice non ha mai smesso di attingere alla sua biografia per i suoi libri, l’ha fatto in una prospettiva radicalmente nuova.»
«Catalogando quanto è successo nella sua vita e nella storia, tra il 1941 e i cosiddetti anni Zero, la scrittrice francese dimostra come non si dia racconto che non passi per il nominare le cose.» Andrea Bajani
Un uomo (e un mondo), a cavallo tra il XX e il XXI secolo, che nel parlare di se stesso finisce, inevitabilmente, per raccontare anche (de)gli altri.
Pomilio, con il suo turbinoso esperimento di «filologia immaginaria», registra i sommovimenti sotterranei e segreti prodotti dal continuo interrogarsi sulla «presenza del Dio assente» per i rami di un Vangelo nuovo ancora sommerso, di uno «scatto in avanti» a spingere verso «un Regno in cui la Carità prenderà il posto della Legge». Ma è poi e soprattutto per quel guardare ai Vangeli come a un «libro d’impazienza», di «dissidenza» e insomma come a una «fonte di virtù antagoniste» che Il quinto Evangelio interpella anche i non credenti, oggi specialmente.
«Nel romanzo autobiografico di una nazione Annie Ernaux racconta in prima persona plurale i cambiamenti più veri del mondo.» Elena Stancanelli
Un inedito del Camaleonte sul numero speciale dedicato al Salone Internazionale del Libro di Torino 2015.
Un inedito del Camaleonte sul numero speciale dedicato al Salone Internazionale del Libro di Torino 2015.
Non c'è nulla che faccia gridare al miracolo nei piccoli paragrafi raccolti e trascritti con grande sforzo di concentrazione (immagino) e con francesissima eleganza, ma in fondo è il libro che tutti dovremmo trovare il tempo di scrivere, per pura completezza personale. Destrutturare il puzzle della nostra testa per apprezzare il singolo pezzo, per capire quanta rabbia ci fa, perderne anche solo uno.